Negli ultimi anni il tema dell’immigrazione ha totalizzato la politica, con
partiti che facevano dello slogan Porti chiusi il loro principale tratto
distintivo, e altri che parlavano d’immigrazione regolare mentre
firmavano patti con i tagliagole libici.
Nonostante l’attenzione che il dibattito pubblico riserva al tema, i
dispersi, solo nel Mediterraneo tra Gennaio e Ottobre 2022, sono più di
1.000 e il numero si moltiplica esponenzialmente se si contano coloro che
sono morti prima di arrivare sulle coste per tentare il pericolosissimo
viaggio dell’immigrazione irregolare.
Attraverso lo studio dell’opera sociologica Torneremo a percorrere le
strade del mondo di Stefano Allievi spiegheremo le ricerche e le
motivazioni economiche e sociologiche che dimostrano come
l’immigrazione sia generalmente positiva per il mondo e, nel nostro caso,
sia la nostra salvezza.
È semplice capire come il paese di provenienza dell’immigrato ci guadagni
dalla sua partenza attraverso un abbassamento della pressione sul
mercato del lavoro che favorisce il miglioramento generale delle
condizioni dei lavoratori.
Per quanto riguarda chi accoglie, la paura e il pregiudizio spesso
offuscano la mente, ma, come già detto, oltre all’aspetto umano,
accogliere oggi è una necessità anche economica. L’arrivo di nuove
persone nel nostro Paese infatti, non rappresenta una minaccia per il
lavoro degli italiani, anzi.
Non è corretto dire che gli immigrati ci rubano il lavoro, in quanto questi
vanno a occupare i posti meno qualificati, ossia quelli lasciati vacanti dai
nostri pensionati che hanno un livello di qualifica molto più basso dei
giovani attuali, basti pensare che nel ‘71 solo il 6,9% degli italiani era
diplomato, mentre oggi oscilliamo attorno al 50%.
Di conseguenza, il mancato incontro tra domanda di manodopera e
offerta non è colpa della presenza di persone non autoctone, ma di un
forte divario generazionale tra gli italiani stessi che oggi puntano a lavori
più qualificati e che per questo si recano all’estero, dimostrando come le
immigrazioni in un paese non influiscono sulle emigrazioni da
quest’ultimo.
Il punto non è trovare un lavoro, ma trovare il lavoro per cui si è studiato
e vivere in una situazione percepita come sicura.
Questa frattura generazionale ci porta a ragionare su un concetto
fondamentale, che eleva l’immigrazione non solo a cosa positiva, ma a
vera e propria salvezza per il nostro paese.
In Italia è in corso una recessione demografica; sempre meno lavoratori
devono pagare i contributi per le pensioni di sempre più pensionati
rischiando il collasso del sistema, quindi i flussi migratori di giovani
persone, per la cui formazione non abbiamo nemmeno pagato, sono per
noi l’unica soluzione per evitare la recessione economica.
Questi consentirebbero infatti di occupare i posti meno qualificati,
pagando le pensioni e concedendo ai giovani italiani di fare i lavori per cui
hanno studiato, abbassando inoltre i prezzi dei beni di prima necessità.
L’Economist, nell’articolo The Magic of Migration del 2019 ipotizzava
come con una totale apertura delle frontiere il PIL mondiale sarebbe
salito a 90 trilioni di dollari facendo uscire la maggior parte della
popolazione da uno stato di povertà.
In conclusione il messaggio che queste ricerche ci mandano è chiarissimo,
politico prima che sociologico. Riportando le parole di Allievi «I partiti che
usano l’argomento in chiave polemica lanciando slogan come prima gli
italiani senza dare alcuna spiegazione di come farlo, spesso offrono
proposte che otterrebbero, se attuate, il risultato opposto: di
danneggiare gli italiani, oltre che gli immigrati, e di produrre più
insicurezza».
È proprio il caso di dirlo, oggi salvando gli immigrati, salviamo noi stessi.
Giulio Volpe
