Studente n. 8.945

La prima scuola nacque nel 3.500 a.C. con l’avvento della scrittura per insegnare ai giovani a scrivere sulle tavole di argilla così che la comunicazione progredisse.

Con il tempo la scuola è diventata sempre più una colonna portante del mondo fino ad arrivare ad oggi, 2023, in cui la scuola non è solo un mezzo per portare cultura e informazioni nelle giovani menti ma un percorso di crescita individuale e sociale nel quale, grazie ai nostri insegnanti, possiamo dare una forma sempre più delineata al nostro futuro … o almeno dovrebbe essere così!

Ormai vengono alla luce sempre più casi di studenti che abbandonano la scuola prima della fine del percorso scolastico o che hanno attacchi di panico al solo pensiero di entrare a scuola, oppure altri che considerano lo studio un inutile obbligo che sono costretti a rispettare.

Questo, eccetto casi speciali, per la poca attenzione che la maggior parte del corpo docenti presta ai propri alunni.

Da molti anni ormai è stato riconosciuto che i professori prima che insegnanti devono essere educatori, figure d’appoggio, d’esempio e in cui gli studenti possano riporre fiducia; che devono favorire la crescita di un individuo che prima di tutto è un adolescente e non uno studente. 

Nel Consiglio Europeo di Lisbona del 2000 e poi in quello di Stoccolma del 2001 è stata posta particolare attenzione a come il sistema di istruzione debba promuovere «l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita» nel quale un professore deve seguire il «processo di apprendimento formale» ma come a quest’ultimo debba affiancare anche un processo di apprendimento informale e non formale con il quale si forniscono allo studente competenze per formarsi e migliorarsi sia nel suo percorso all’interno delle strutture scolastiche, che nella sua intera vita, così da essere un cittadino che possa comprendere, seguire e far parte dei  cambiamenti della società.

Inoltre, per favorire il cosiddetto apprendimento permanente sono state riconosciute otto competenze chiave delle quali le prime quattro esortano a raggiungere adeguate conoscenze matematiche, digitali, scientifiche, tecnologiche, di padronanza della madrelingua e anche comunicazione nelle lingue straniere ma le ultime quattro, invece, affermano che ogni giovane, per essere completamente formato e pronto a far parte della società, deve aver acquisito le seguenti capacità:

  1. Imparare ad imparare: per preservare, organizzare e comprendere il proprio apprendimento e i propri bisogni; riconoscere le opportunità e saper abbattere gli ostacoli che si presentano; inoltre, viene sottolineato che, in modo che questa abilità venga acquisita, la motivazione e la fiducia sono indispensabili.
  2. Competenze sociali e civiche: in questo punto si fa particolare attenzione alla formazione di comportamenti che permettano di partecipare alla vita sociale in modo corretto ed efficace; ma non solo, viene fatto riferimento anche a come deve essere insegnato ad affrontare e risolvere i conflitti.
  3. Spirito di iniziativa e imprenditorialità: con questo si intende la capacità di una persona di trasformare le proprie idee in azioni, sviluppare la creatività, lo spirito di innovazione, sapersi assumere dei rischi, saper pianificare e gestire progetti e, inoltre, la consapevolezza di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
  4. Consapevolezza ed espressione culturale: interessa la comprensione del valore dell’espressione creativa attraverso arte, musica, letteratura, spettacolo, etc.

Nonostante tutto, però, ancora gli studenti vengono considerati solo come dei numeri all’interno di una classe, di una scuola, di un sistema, e non persone delle quali vale la pena ascoltare le opinioni, che vanno comprese nella loro complessità e guidate nella loro crescita.

In molti credono che l’umiliazione sia l’unico modo per far crescere al meglio i giovani, renderli forti e con la testa sulle spalle; che dire a un adolescente che nella sua vita non potrà fare quello che vuole perché troppo stupido o svogliato è un modo per mettere i piedi a terra e scendere dalle nuvole; che denigrando un alunno lo si porta a non ricommettere lo stesso errore.

«L’umiliazione non solo non funziona: ottiene l’effetto contrario, quasi sempre.
Ma soprattutto lascia dentro ferite che non si rimarginano».

Queste sono le parole di Enrico Galiano, uno dei docenti italiani che sta facendo più scalpore al momento.

L’umiliazione non è la soluzione è solo un arma che lascia ferite per le quali molte persone hanno dovuto e tutt’ora stanno affrontando traumi; è scientificamente provato che gli studenti che hanno subito tali  pressioni, non solo non sono migliorati scolasticamente, ma hanno dovuto affrontare gravi difficoltà nella vita di tutti i giorni.

Uno studente per crescere non deve essere denigrato ma deve essere messo alla prova, stimolato, portato a rendere il massimo di quello che può, in alcune situazioni anche messo in difficoltà,  aiutato quando serve e gratificato in altri momenti; con uno studente bisogna parlarci e non giudicarlo, bisogna dargli la possibilità di fare altre esperienze oltre la scuola e non fargli credere che quella sia l’unica possibilità di crescita; bisogna porgergli la mano se sta affogando così da insegnargli a nuotare.

Siete voi il futuro del mondo, è tutto nelle vostre mani: è una delle frasi che vengono ripetute a noi studenti da professori e non solo.

Ma mi chiedo: come possiamo noi anche solo credere a queste parole se nel posto in cui noi ci dovremmo sentire a casa invece veniamo umiliati e sminuiti?

Come possiamo noi cambiare il mondo se quelle che dovrebbero essere le nostre guide ci abbandonano a noi stessi al primo errore?

Come possiamo prendere in mano le redini di un mondo intero se nessuno ci da mai la possibilità di esprimere le nostre opinioni e di portare avanti le nostre idee senza essere presi con leggerezza?

Quindi come sperate che noi possiamo cambiare il mondo?

Ci chiedete di fare una cosa che nessuno ci sta preparando ad affrontare, perciò… insegnateci! Accompagnateci! Ascoltateci! Mostrateci come fare!

E soprattutto… dateci la possibilità di farlo!

In conclusione, ad un questionario inviato da YET alle scuole di Arezzo, abbiamo avuto una sorta di conferma della tesi:

Ad esempio alla domanda «Quanto ti senti ascoltato dal tuo professore?» il 38,2% si è mantenuto nella media, mentre il 13,4% (65 studenti) hanno risposto molto poco e solo il 4% ha risposto molto.

Oppure solo la metà degli studenti riesce a seguire altre esperienze formative, come ad esempio uno sport, che soprattutto nella nostra giovane età, è essenziale.

Un dato ancor più preoccupante è insorto alla domanda  «Credi che la scuola ti stia aiutando a crescere come persona oltre alle competenze scolastiche?»: il 25,8% ha risposto poco e l’altro 25,8% ha risposto tenendosi sempre sul 3 che equivale a mediamente, mentre 83 studenti ritengono che la scuola non li stia affatto formando come persone.

Da mettere in risalto anche che solo 20 studenti su 484 ritengono le spiegazioni dei propri professori molto chiare e coinvolgenti.

A confermare la tesi non sono solo le persone che hanno risposto molto poco ma soprattutto quelle che, nonostante l’anonimato, nonostante nessuno se non dei ragazzi come loro potessero vedere le risposte, sono rimasti, in una scala da 1 (molto poco) a 5 (molto), sul 3, senza esporsi, senza riuscire a prendere una vera e propria posizione e ritengo che questo parli più di mille parole.   

Matilde Zarro