90 secondi alla fine del mondo


L’orologio dell’apocalisse

L’orologio dell’apocalisse è un’iniziativa nata nel 1947 dagli scienziati della rivista Bulletin of the Atomic Scientists dell’Università di Chicago.

Si tratta di un orologio metaforico, dove la mezzanotte sta a indicare la fine del mondo e le lancette vengono spostate in prossimità di questo orario di riferimento sulla base delle minacce che potrebbero portare all’apocalisse.

Il 24 gennaio 2023 il Consiglio per la Scienza e la Sicurezza del Bulletin of the Atomic Scientists ha spostato la lancetta dell’orologio dell’apocalisse alle 23:58:30.

90 secondi alla fine del mondo.

Ma quali sono le ragioni dietro a questa scelta?

Il Consiglio si è basato principalmente su quattro fattori: il cambiamento climatico, il rischio nucleare, la minaccia biologica e la tecnologia dirompente.


La minaccia ambientale

La guerra tra Russia e Ucraina ha portato i vari paesi, in particolare quelli dell’Unione Europea, a cercare soluzioni alternative per staccarsi dalla dipendenza Russa.

Il fenomeno ha portato a due conseguenze opposte: se da un lato i prezzi elevati dell’energia hanno stimolato gli investimenti nelle energie rinnovabili e motivato ad attuare nuove politiche a sostegno dello sviluppo, dall’altro hanno spinto anche i vari Paesi a cercare nuove forniture di gas, stimolando gli investimenti nella produzione di gas naturale e nelle infrastrutture di esportazione soprattutto negli Stati Uniti, nell’UE e in Africa, in gran parte finanziati dalle principali società di petrolio e gas multinazionali e dalle imprese di investimento.

L’aumento delle emissioni nel 2022 ha accelerato il continuo aumento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera che, finché continueranno ad aumentare, faranno anche accrescere le emissioni di anidride carbonica. Inoltre non solo i cambiamenti meteorologici estremi hanno continuato ad affliggere diverse parti del globo ma questi stessi eventi meteorologici erano evidentemente attribuibili al cambiamento climatico.

Temperature estreme in Europa centrale, Nord America, Cina e altre regioni dell’emisfero settentrionale la scorsa estate hanno portato a carenze idriche e condizioni di siccità del suolo che, a loro volta, hanno portato a scarsi raccolti, mettendo ulteriormente a rischio la sicurezza alimentare in un periodo in cui i prezzi alimentari avevano già subito un aumento a causa del conflitto ucraino.

Tra le situazioni più problematiche troviamo quella del Pakistan, che a causa di inondazioni dovute a un monsone di grande portata, si è ritrovato inondato per un terzo del suo territorio. L’inondazione ha colpito 33 milioni di persone e ha favorito effetti come il fallimento del raccolto, epidemie di malattie trasmesse dall’acqua e la distruzione di case, infrastrutture, bestiame e mezzi di sussistenza.

Durante la conferenza sul clima delle Nazioni Unite si è raggiunto un accordo per creare un fondo in grado di aiutare i paesi poveri e vulnerabili ad affrontare il crescente tributo dovuto agli impatti dei cambiamenti climatici.

D’altra parte, però, non è stato fatto essenzialmente niente per riuscire a mantenere l’impegno nel raggiungimento di zero emissioni di gas serra.

Ci teniamo inoltre a ricordare che postuma allo spostamento delle lancette è stata l’approvazione del Willow Project, che non ha potuto quindi influenzare la decisione.

Si tratta di un progetto di trivellazione petrolifera a danno dell’ambiente: il sito di trivellazione si troverebbe nella National Petroleum Reserve, la più vasta area di territorio pubblico vergine negli Stati Uniti, che con questo progetto inquinerebbe acqua e aria, interrompendo le migrazioni degli animali e distruggendone l’habitat e che emetterebbe una quantità di carbonio paragonabile a quella che 76 centrali a carbone rilasciano in un anno.

Il progetto avrebbe impatti devastanti sull’intera regione artica occidentale, che si ripercuoterebbero sull’intero globo.


La minaccia nucleare

Polarizzazione, tensioni e altre difficoltà hanno un grande impatto sulla situazione globale.  Attualmente la situazione non sta migliorando.

L’invasione della Russia in Ucraina ha provocato la creazione di uno scenario da incubo, aumentando il rischio nucleare.

La Russia ha poi portato la sua guerra anche nei siti dei reattori nucleari di Chernobyle Zaporizhzhia, violando i protocolli internazionali e rischiando un diffuso rilascio di materiale radioattivo.

L’obiettivo, in questi tempi difficili, sarebbe quello di ridurre al minimo la minaccia di una catastrofe nucleare.

Ma è davvero possibile rispettare questo obiettivo ?

Varie potenze mondiali stanno implementando i loro programmi nucleari, con pochi, se non nulli, progressi nella negoziazione con Nord Corea e Iran.

Le forze nucleari statunitensi e russe sono ancora vincolate dal trattato New START ma non vi è alcuna certezza che il trattato verrà esteso oltre il 2026.

Anche la Cina compie continui passi avanti in campo nucleare. Entro il 2035 potrebbe implementare il suo arsenale nucleare fino a riuscire a competere con Russia e Stati Uniti.

Infine l’India, con il suo arsenale di circa 160 testate nucleari, continua a modernizzare e migliorare i suoi programmi di lancio via terra, mare e persino aria.

Il Pakistan, con un arsenale di dimensioni simili a quello indiano, continua a espandere le sue testate, i sistemi di lancio e la produzione di materiale fissile.

Gli Stati Uniti, la Russia e la Cina stanno ora proseguendo programmi di modernizzazione delle armi nucleari a tutti gli effetti, ponendo le basi per una nuova pericolosa “terza era nucleare” di competizione. Riusciranno i paesi a trovare un accordo perché la minaccia nucleare venga estinta?


La minaccia biologica

Come riportato anche dalla rivista Bulletin, la minaccia biologica è in continua crescita e il COVID-19 ne è stato sicuramente dimostrazione.

Nel suo rapporto del 2022, Adesione e rispetto degli accordi e degli impegni per il controllo degli armamenti, la non proliferazione e il disarmo, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha enunciato che paesi come Russia, Nord Corea, Iran e Cina, non abbandonano i loro programmi di ricerca e sviluppo sulle armi batteriologiche.

Se parliamo poi di ricerca e creazione in laboratorio, non possiamo non considerare gli errori umani, che possono portare alla diffusione di malattie batteriologiche e virali.

Qualunque sia la fonte potenziale (naturale, accidentale, intenzionale) ci sono azioni che i Paesi potrebbero intraprendere per ridurre i rischi biologici, come fare investimenti nella sanità pubblica oppure condividere dati, analisi e informazioni, in modo da cercare di prevenire eventuali epidemie o pandemie, ma soprattutto eliminare i programmi che producono armi biologiche.


La tecnologia dirompente

L’anno scorso c’è stata una mescolanza di buone e cattive notizie per quanto riguarda le potenziali minacce da tecnologie dirompenti. Tra le seconde dobbiamo sicuramente considerare la ritirata proposta per la creazione di un Comitato per la Disinformazione negli Stati Uniti, il controllo governativo dell’ecosistema dell’informazione e l’uso cinese della tecnologia di sorveglianza nello Xinjiang.

Anche sul piano del conflitto informatico vi è stato un mix di buone e cattive notizie: sicuramente positivi sono stati i mancati attacchi informatici russi verso Stati Uniti e Unione Europea (che non si sono verificati o non hanno avuto successo).

L’Intelligence open-source abilitata alla tecnologia ha avuto un profondo impatto sulla guerra in Ucraina, e il sistema SpaceX Starlink è riuscito a mantenere il servizio internet in tutta l’Ucraina e a rispondere rapidamente ed efficacemente agli attacchi informatici russi.

Gli Stati Uniti si sono impegnati ad astenersi da prove di armi distruttive, al contrario di altri Paesi, ad esempio la Russia, che ha minacciato di utilizzare un’arma anti-satellite contro i satelliti statunitensi Starlink.

La guerra in Ucraina ha dimostrato il valore delle armi ad alta tecnologia contro le piattaforme convenzionali, come i droni e le munizioni a guida di precisione.

Dopo aver analizzato le varie cause che hanno portato alla scelta dell’inserimento dell’orario, è il caso di ricordarci che quelli riportati sono tutti problemi reali e dobbiamo quindi affrontarli non solo noi nel nostro piccolo ma anche richiamando i leader mondiali a porre maggiore attenzione su queste questioni.

Marco Oliva