Il grido inascoltato degli studenti

Nei primi mesi di questo 2022 in diverse città d’Italia hanno avuto luogo centinaia di proteste e manifestazioni studentesche, alle quali si sono aggiunti cortei e occupazioni delle scuole.

Per comprendere meglio le ragioni che hanno portato gli alunni a mobilitarsi, dobbiamo tornare indietro a una data, il 19 novembre 2021: in questo giorno, migliaia di studenti sono tornati a protestare nelle piazze dopo che, per quasi due anni, le manifestazioni erano state vietate a causa della pandemia. Le motivazioni riguardavano soprattutto le problematiche emerse proprio a causa dell’emergenza Covid: dalla mancanza di spazi, che ha portato alla creazione delle cosiddette “classi pollaio”, all’impossibilità per molti studenti di permettersi gli strumenti necessari per frequentare le lezioni a distanza.

L’entusiasmo e la volontà degli studenti hanno portato a numerose manifestazioni a Roma già a dicembre, ma è proprio nel gennaio e nel febbraio 2022 che il movimento è esploso, a causa delle morti di Lorenzo Barelli e Giuseppe Lenoci mentre erano impegnati in progetti di Alternanza scuola-lavoro e a causa della promulgazione della bozza sulle modalità di svolgimento dell’Esame di Stato. In tutta Italia si sono tenuti più di 50 occupazioni e cortei nelle piazze, in cui i ragazzi hanno avuto modo di incontrarsi, confrontarsi e discutere sugli aspetti del sistema scolastico che avrebbero voluto cambiare.

Le tematiche più dibattute sono state: l’organizzazione dei PCTO, l’insegnamento dell’educazione civica, i metodi di valutazione, il diritto allo studio e il benessere psicologico degli alunni. A Livorno, in particolare, durante l’autogestione di molte scuole, gli studenti hanno preso parte ad attività didattiche culturali, con incontri sul tema della violenza di genere, dell’educazione sessuale e dell’ambiente (quest’ultimi con la partecipazione di membri di Legambiente).

Anche la città di Arezzo è divenuta teatro di manifestazioni studentesche che hanno coinvolto gli alunni di tutta la Provincia. Alcuni rappresentanti d’Istituto del Liceo Colonna, del Liceo Artistico e alcuni studenti dell’ITIS, confrontandosi con i loro compagni, si sono resi conto che già da tempo si respirava nelle scuole un clima di malcontento generale, così hanno deciso di prender parte al movimento studentesco d’Italia organizzando due manifestazioni: la prima, l’11 febbraio scorso, ha avuto luogo al Prato di Arezzo, grazie anche all’aiuto di FDS; la seconda, il 18 dello stesso mese, è stata organizzata dal Fronte della Gioventù Comunista, sebbene entrambe volessero comunque essere manifestazioni apartitiche, che partissero solo dagli studenti.

Le due manifestazioni si sono svolte senza che si creassero tensioni con le forze dell’ordine, ma purtroppo ci sono stati frequenti atti di repressione in altre città: molte piazze sono state bloccate e non è stata nemmeno concessa la possibilità agli studenti di manifestare, sebbene le proteste fossero pacifiche e si basassero su proposte concrete.

In altri casi, invece, dei ragazzi sono stati picchiati e feriti dagli agenti mentre manifestavano, come è successo a Torino, Napoli e Milano. L’atteggiamento di repressione da parte delle istituzioni non ha però fermato gli studenti, che, dal mese di gennaio, hanno iniziato a scendere in piazza una volta a settimana e hanno redatto vari manifesti, formulando proposte da presentare al Governo.

Queste sono poi state discusse durante la riunione degli Stati Generali della Scuola, tenutasi dal 18 al 20 febbraio a Roma, alla quale hanno partecipato 600 studenti di tutta Italia e realtà politiche e sociali quali Fridays for Future e Libera. La riunione è stata organizzata da UDS (Unione degli Studenti), sindacato studentesco che ha l’obiettivo di difendere i diritti di studenti e studentesse e di migliorare il mondo dell’istruzione nel nostro Paese: in questo caso, lo scopo della riunione era quello di teorizzare in punti le istanze emerse dalle manifestazioni.

Al fine di redigere il manifesto conclusivo, sono stati creati vari tavoli di lavoro, ognuno dei quali si occupava di un determinato argomento: accesso all’istruzione e disuguaglianze, rappresentanza e partecipazione, didattica e valutazione, antifascismo e antirazzismo, clima, benessere psicologico, scuola e territorio.

Il documento, ultimato nelle scorse settimane, prevede varie proposte, tra le quali: una legge nazionale che destini il 5% del PIL alla scuola (percentuale portata ancora al 3,5%), in modo da raggiungere la media europea, e che consenta a tutti di accedere all’istruzione, abbattendo i costi dei trasporti pubblici; una modifica dei PCTO, in modo che si svolgano al di fuori dei processi di produzione; l’istituzione nelle scuole di sportelli psicologici permanenti ed efficienti; l’introduzione dell’insegnamento della filosofia anche nei tecnici e nei professionali; l’ammodernamento degli edifici scolastici in modo da renderli ecosostenibili e da eliminare le “classi pollaio”; una correzione della bozza dell’Esame di Stato in modo che abbia un peso maggiore nel voto finale il percorso compiuto dallo studente negli anni di scuola piuttosto che le prove scritte o il colloquio orale con i professori.

Il ministro dell’Istruzione Bianchi, così come altri parlamentari, sono stati invitati a partecipare al momento plenario della riunione, ma non si sono presentati. Due giorni dopo, però, il Ministro ha convocato i rappresentanti degli studenti, dopo che essi avevano già svolto una prima audizione nella settima Commissione. Per adesso, il Ministro non ha ancora preso posizione riguardo alle loro proposte, limitandosi ad istituire ulteriori tavoli di approfondimento: già in autunno era stato consegnato un documento al Governo, dal quale non è arrivato alcun commento a riguardo. Tuttavia, è stata apportata una modifica, pur parziale, al sistema di assegnazione dei punti per il voto finale dell’Esame di Stato: in base al testo dell’ordinanza emessa dal Ministero, è prevista l’attribuzione di 50 punti al credito scolastico, di un massimo di 15 punti alla prova di Italiano e 10 alla seconda prova, al colloquio invece sono stati assegnati fino a 25 punti.

Per molti studenti, però, questo non è stato abbastanza e vogliono che siano presi ulteriori provvedimenti per il futuro della scuola, in base alle proposte enunciate nel manifesto: di fronte al silenzio delle istituzioni, continuano a mobilitarsi per far sentire la propria voce e in molti sono speranzosi di ottenere almeno in parte quel cambiamento del sistema scolastico a cui aspirano.

Sofia Casini